Wednesday, October 18, 2006

LI LIU

In epoca Jin la giovane monaca Li Liu si ritirò a meditare sui monti Ye Hu Ling. Viveva modestamente grazie alle offerte dei contadini di un vicino villaggio, che le riempivano la ciotola di un riso acquoso.
In dieci anni di dura pratica buddista e di privazioni assolute l'esile eremita s'era illusa di aver sconfitto i demoni del proprio animo, pure se un incessante rovello continuava a tormentarla. Sebbene la meditazione non dovrebbe mai avere un oggetto specifico su cui esercitarsi, la mente di Li Liu si concentrava sempre intorno allo stesso concetto. Il Male. Non il male delle passioni, il male del desiderare e dell'esistere, la sete inestinguibile radice di ogni sofferenza, come aveva a suo tempo insegnato Siddartha. Il Male, quello vero. Il Mistero atroce. La monaca non credeva che fosse una semplice estensione delle pene del vissuto. Era qualcosa di più e di diverso.
In quel periodo o poco dopo, i Mongoli invasero il nord, occupando gli Ye Hu Ling in attesa di confrontarsi con l'armata imperiale. Erano combattenti violenti, capaci di stare tutto il giorno in sella ai loro cavalli piccoli e robusti e di dormirci anche la notte. Vestivano elmi con le alucce laterali e corazze a scaglie di metallo. Preferivano le armi da getto: la lancia con l'arpione, della quale si servivano per infilzare i fanti nemici e trascinarli via agonizzanti, e l'arco fatto di legno o di corno. Questo veniva piegato in senso contrario alla sua curvatura naturale in modo da ottenere una gittata di oltre 300 passi ed una potenza devastante. Le frecce, peraltro, erano intrise nello sterco di cavallo allo scopo di infettare le ferite che producevano.
I Mongoli in guerra non conoscevano la pietà e conducevano le battaglie con un'astuzia feroce, sottraendosi sistematicamente allo scontro diretto per decimare gli avversari da lontano, con i loro arcieri.
Un mattino, un vecchio s'arrrampicò fino alla capanna di Li Liu: l'eremita si riscosse dal suo flusso mentale ed aprì gli occhi a mandorla, frantumando il sottile strato di brina che vi si era depositato sopra. Il vecchio s'inchinò, si scusò, farfugliò che il villaggio era stato attaccato da un arban, una squadra di dieci cavalieri barbari. La monaca annuì. Aveva compreso. Il Male veniva a farle visita.
Alzandosi, Li Liu spezzò il ghiaccio che le intorpidiva le membra. Allungò una mano oltre l'orlo del precipizio, su cui si affacciava la capanna, e la immerse in una nuvola per sciacquarsi il volto. Le alture degli Ye Hu Ling, ricoperte da una fitta vegetazione lussureggiante ed appena velate dalle nebbie del mattino, la sovrastavano da ogni lato.
Prima di andare si ricordò di prendere la spada, Lama Splendente: il suo acciaio era stato temprato e ripiegato novecento volte.
Nel villaggio, intanto, il capo dell'arban aveva dato ordine di radunare tutte le donne catturate, tutte, comprese le anziane e le bambine. Mentre le osservava con occhi freddi avvertì un'improvvisa fitta dietro la nuca e sentì qualcosa colargli sul collo e bagnargli la schiena. Fece per voltarsi e la vide ma, prima di poter pronunciare una sola sillaba, la sua testa già rotolava nel fango delle grandi risaie dello Yang. I Mongoli reagirono, tendendo gli archi. Un nugolo di frecce andò ad inchiodare la nera veste di lana grezza ed il copricapo di giunchi intrecciati della monaca alla parete di canne di una casupola. Dov'era finita? Se lo chiesero tutti. Poi, ad uno dei guerrieri della taiga, il più esperto dell'arban, caddero le braccia per terra mentre il più giovane si ritrovò con Lama Splendente conficcata nelle viscere. La spina dorsale era stata troncata di netto e, quando Li Liu la estrasse ancora fumante, il suo corpo si spezzò in due parti.
I più furbi tra i superstiti saltarono sui cavalli e si diedero ad una fuga non troppo dignitosa che, però, valse la salvezza. I più stupidi pensarono di poter vendicare i compagni caduti. Uno si gettò mulinando la lancia contro la fiera avversaria. Lei si spostò appena e fece roteare la spada. L'assalitore finì a strisciare in un fosso, versando fiumi di sangue dalla giugolare. Un altro stava per scoccare e venne trafitto da Lama scagliata con estrema precisione.
Li Liu si era dovuta privare dell'unica arma a sua disposizione ma rimaneva un ultimo nemico da abbattere. Costui sorrise convinto di essersela cavata e perse pochi preziosi istanti a contemplare la nudità dell'eremita. L'incarnato bianco come la neve dei suoi monti, oltre la grande muraglia. Le forme esili e flessuose. L'ovale di porcellana, ombreggiato dagli occhi neri e dalle labbra rosate. I capelli corvini raccolti in una lunghissima treccia dietro la schiena e... e... Li Liu lo stava baciando! Il mongolo sentì il tepore del suo corpo attraverso l'armatura. Sentì la sua lingua lambirgli il collo. Sentì i suoi denti di vampiro.
E cadde riverso su un compagno già morto.
La monaca recuperò la veste e nascose il viso sotto il copricapo conico, allontanandosi in direzione del fiume. Il vecchio e le donne del villaggio la ringraziarono solerti. Li Liu si fermò per un attimo e, quindi, proseguì.

"Sì sì... ma imparate a difendervi da soli."

La Via per la Perfezione è ancora lunga.

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