Tuesday, October 31, 2006

LA GELOSIA DI MINNIE

Topolino è ancora nelle grinfie di Scarlett Fuffy, la miciona sadomaso che l'ha rimorchiato in un bar di periferia, dopo averlo fatto bere forte. Per un bel po' s'è divertita a fustigarlo a dovere ma, ora, decide di sfilarsi il vestitino rosa confetto: sotto non porta niente. Le tettine sono tutte turgide turgide. Un filo di seta nero le cinge i fianchi e sostiene un piccolo rubino a forma di cuore infranto (è stato un amore finito male, infatti, ad incrudelire Scarlett). La topina della micina cioè la micetta della topona... insomma, la miciona della miciona è zuppa: la mistress a forza di picchiare ha raggiunto un livello d'eccitazione memorabile. Così caracolla sui tacchi a banana delle scarpette color latte intero ed afferra un enorme fallo di gomma munito di cinghie di cuoio. Venti centimetri buoni. Per non parlare della circonferenza che fa letteralmente paura (!). Se lo annoda intorno alla vita e si avvicina minacciosa al suo schiavetto, scuotendo i lunghi capelli rossi.

"Mao!"
"Nooo!... Il culo no!" - urla in preda al panico Topolino.

Il nostro eroe ha una reazione d'orgoglio. Si catapulta contro la finestra, sfonda il vetro e precipita lungo la grondaia dell'edificio fino a rimbalzare in un bidone dei rifiuti. Fiuuu! S'è salvato per il rotto della cuffia!
La mattina seguente si reca tutto pèsto e dolorante dalla fidanzata, sperando di farsi coccolare. Minnie lo accoglie gentile gentile. Gli dice di accomodarsi in salotto e si siede accanto a lui, accavallando le gambe e mostrando con inconsueta malizia le mutande di pizzo bianco - le sue mitiche mutande stile '800, tutte trine e merletti, un oggetto di culto per palati fini! Mmmm!!!

"Cosa t'è successo?" - gli domanda a bruciapelo, subito dopo.
"Ehm!... Questa notte inseguivo Gambadilegno insieme ai ragazzi della centrale e... e sono scivolato su una buccia di banana."
"Ah, povero tesoro!... Ma non sono segni di frusta questi che hai sul braccio?"
"Gulp! No!!!"
"... E lì, dietro al collo, non hai i graffi di una gatta?"
"Gawrsch! Amore, lascia che ti spieghi..."
"Mi vuoi spiegare, eh?"

Incazzata nera Minnie gli porge una copia del "Topolinia Times". In prima pagina c'è una foto di Scarlett Fuffy nuda - a parte un boa verde attorcigliato intorno alle sue curve mozzafiato e le inseparabili scarpette biancolattee, un vero feticcio erotico. Il titolo dell'articolo è: 'Come ho sedotto quel topo.' Il contenuto consiste in un dettagliato resoconto della nottata precedente, condito con i dettagli più piccanti. La micia, peraltro, arriva a sostenere che da Topolino si sarebbe aspettata argomenti parecchio più solidi al posto di quel pisellino piccolo piccolo che neanche si vede al microscopio. Ach!
Minnie si toglie le mutande e le sbatte sul muso del suo ex fidanzato.

"Ti saresti dovuto preoccupare soltanto di queste tu, senza andare in cerca di altra biancheria per signora!"
"Veramente Scarlett Fuffy nemmeno la porta."
"Stronzo!!!"

Minnie s'impossessa del battipanni e con un colpo secco fa volate Topolino ben oltre la finestra e la veranda del giardino per farlo atterrare all'altro capo della strada, proprio sulla testa di Pippo ignaro di tutto.

Wednesday, October 25, 2006

IL DUELLO

Billy Dakota e Soledad de Castillo erano i pistoleri più veloci a sud di Tucson e tutti, compresi i messicani, dicevano che prima o poi si sarebbero sfidati per il primato assoluto.
Infatti, un freddo mattino di primavera Billy ricevette un messaggio vergato su una letterina celeste profumata al gelsomino: il giovanotto non era proprio in sé, aveva sbevazzato forte dalla notte precedente e, inoltre, senza nemmeno sapere come era finito tra le braccia di Ma' Barkley, una puttana di settant'anni, la migliore in realtà di quella fogna di paese in cui si nascondeva e di cui voleva ignorare il nome. Cazzo, doveva essersi ubriacato davvero di brutto per fare lingua in bocca e chissà cos'altro con Ma'. Mah!
La letterina celeste. Non era una lettera come le altre. In effetti, Billy Dakota non era in grado di leggere o scrivere, roba per persone altolocate, e, perciò, Soledad de Castillo aveva disegnato un omino con il sombrero che sparava contro un omino con la penna da indiano. A fatica il buon Billy riconobbe Soledad nell'omino con il sombrero e se stesso in quello con la penna e non gli piacque affatto che l'omino con la penna facesse la parte del morto. Sotto quella scenetta, infine, c'era una pianta che mostrava tre cactus, un fiumiciattolo ed una montagna erosa dal vento.
Dakota conosceva il posto: baciò Ma' Barkley appassionatamente (la fidanzata ricambiò palpandogli il sedere con una manina rattrappita e velata da un lungo guantone di seta nera), saltò a cavallo e volò ai Tre Cactus. Sì, era ancora ubriaco fradicio, peggio di quanto avesse pensato al suo risveglio.
Soledad - Sole per gli amichetti - lo aspettava da un pezzo:

"Ti fai desiderare, eh bellimbusto?" - lo aggredì con la sua vocina da checca sfondata.

Billy smontò e cominciò a considerare la rivale. Bionda. Capelli biondi e lisci. Occhiblù. Nasino francese. Labbra tumide e carnose. Pelle abbronzata. Non era male quella zoccola di pistolera chicana. Per il resto vestiva come un charro, con stivali verniciati, giacchetta e pantaloni celesti, una fascia bianca stretta intorno alla vita (di sicuro, per mettere bene in rilievo le chiappe) ed un sombrero color champagne che, in quel momento, era assicurato alla sella di Fiordipisello, il cavallo di Sole.
Il vento le scompigliava la chioma luminosa.
Dakota si avvicinò lento e circospetto fino a fronteggiare la sua sfidante che gli sorrideva birichina.

"Facciamo a chi estrae il pistola, prima?" - domandò lei.
"No, a chi bacia meglio." - rispose lui.
"'Mbhè, allora, io... ohooo!"

Il bellimbusto l'aveva già artigliata per il culo, mordendole la bocca e stordendola con una zaffata d'alcool purissimo.
Il rapporto uomo-donna, nel Far West, era di sessanta ad uno e, perciò, gli american cow boys - gli uomini rudi e coraggiosi della frontiera, che hanno edificato un grande paese, piegato una natura ostile e vinto la resistenza delle tribù indiane più ostili - dovevano fare o meglio farsi da soli. Se c'era una signora ogni sessanta maschi, quella poveraccia, pure che ci metteva tutta la buona volontà di questo mondo, quanti ne poteva soddisfare regolarmente? Dieci, venti? A voler essere generosi venti... diciamo venticinque, se proprio era un'indomita baldracca alla Ma' Barkley!... E gli altri trentacinque? Dovevano, appunto, arrangiarsi o accontentarsi di qualche ragazzo disponibile. Di conseguenza, da quelle parti, le checche e le traveste finivano per essere più apprezzate dell'oro.
Sono davvero desolato di distruggere un mito ma John Waine era frocio.

Wednesday, October 18, 2006

LI LIU

In epoca Jin la giovane monaca Li Liu si ritirò a meditare sui monti Ye Hu Ling. Viveva modestamente grazie alle offerte dei contadini di un vicino villaggio, che le riempivano la ciotola di un riso acquoso.
In dieci anni di dura pratica buddista e di privazioni assolute l'esile eremita s'era illusa di aver sconfitto i demoni del proprio animo, pure se un incessante rovello continuava a tormentarla. Sebbene la meditazione non dovrebbe mai avere un oggetto specifico su cui esercitarsi, la mente di Li Liu si concentrava sempre intorno allo stesso concetto. Il Male. Non il male delle passioni, il male del desiderare e dell'esistere, la sete inestinguibile radice di ogni sofferenza, come aveva a suo tempo insegnato Siddartha. Il Male, quello vero. Il Mistero atroce. La monaca non credeva che fosse una semplice estensione delle pene del vissuto. Era qualcosa di più e di diverso.
In quel periodo o poco dopo, i Mongoli invasero il nord, occupando gli Ye Hu Ling in attesa di confrontarsi con l'armata imperiale. Erano combattenti violenti, capaci di stare tutto il giorno in sella ai loro cavalli piccoli e robusti e di dormirci anche la notte. Vestivano elmi con le alucce laterali e corazze a scaglie di metallo. Preferivano le armi da getto: la lancia con l'arpione, della quale si servivano per infilzare i fanti nemici e trascinarli via agonizzanti, e l'arco fatto di legno o di corno. Questo veniva piegato in senso contrario alla sua curvatura naturale in modo da ottenere una gittata di oltre 300 passi ed una potenza devastante. Le frecce, peraltro, erano intrise nello sterco di cavallo allo scopo di infettare le ferite che producevano.
I Mongoli in guerra non conoscevano la pietà e conducevano le battaglie con un'astuzia feroce, sottraendosi sistematicamente allo scontro diretto per decimare gli avversari da lontano, con i loro arcieri.
Un mattino, un vecchio s'arrrampicò fino alla capanna di Li Liu: l'eremita si riscosse dal suo flusso mentale ed aprì gli occhi a mandorla, frantumando il sottile strato di brina che vi si era depositato sopra. Il vecchio s'inchinò, si scusò, farfugliò che il villaggio era stato attaccato da un arban, una squadra di dieci cavalieri barbari. La monaca annuì. Aveva compreso. Il Male veniva a farle visita.
Alzandosi, Li Liu spezzò il ghiaccio che le intorpidiva le membra. Allungò una mano oltre l'orlo del precipizio, su cui si affacciava la capanna, e la immerse in una nuvola per sciacquarsi il volto. Le alture degli Ye Hu Ling, ricoperte da una fitta vegetazione lussureggiante ed appena velate dalle nebbie del mattino, la sovrastavano da ogni lato.
Prima di andare si ricordò di prendere la spada, Lama Splendente: il suo acciaio era stato temprato e ripiegato novecento volte.
Nel villaggio, intanto, il capo dell'arban aveva dato ordine di radunare tutte le donne catturate, tutte, comprese le anziane e le bambine. Mentre le osservava con occhi freddi avvertì un'improvvisa fitta dietro la nuca e sentì qualcosa colargli sul collo e bagnargli la schiena. Fece per voltarsi e la vide ma, prima di poter pronunciare una sola sillaba, la sua testa già rotolava nel fango delle grandi risaie dello Yang. I Mongoli reagirono, tendendo gli archi. Un nugolo di frecce andò ad inchiodare la nera veste di lana grezza ed il copricapo di giunchi intrecciati della monaca alla parete di canne di una casupola. Dov'era finita? Se lo chiesero tutti. Poi, ad uno dei guerrieri della taiga, il più esperto dell'arban, caddero le braccia per terra mentre il più giovane si ritrovò con Lama Splendente conficcata nelle viscere. La spina dorsale era stata troncata di netto e, quando Li Liu la estrasse ancora fumante, il suo corpo si spezzò in due parti.
I più furbi tra i superstiti saltarono sui cavalli e si diedero ad una fuga non troppo dignitosa che, però, valse la salvezza. I più stupidi pensarono di poter vendicare i compagni caduti. Uno si gettò mulinando la lancia contro la fiera avversaria. Lei si spostò appena e fece roteare la spada. L'assalitore finì a strisciare in un fosso, versando fiumi di sangue dalla giugolare. Un altro stava per scoccare e venne trafitto da Lama scagliata con estrema precisione.
Li Liu si era dovuta privare dell'unica arma a sua disposizione ma rimaneva un ultimo nemico da abbattere. Costui sorrise convinto di essersela cavata e perse pochi preziosi istanti a contemplare la nudità dell'eremita. L'incarnato bianco come la neve dei suoi monti, oltre la grande muraglia. Le forme esili e flessuose. L'ovale di porcellana, ombreggiato dagli occhi neri e dalle labbra rosate. I capelli corvini raccolti in una lunghissima treccia dietro la schiena e... e... Li Liu lo stava baciando! Il mongolo sentì il tepore del suo corpo attraverso l'armatura. Sentì la sua lingua lambirgli il collo. Sentì i suoi denti di vampiro.
E cadde riverso su un compagno già morto.
La monaca recuperò la veste e nascose il viso sotto il copricapo conico, allontanandosi in direzione del fiume. Il vecchio e le donne del villaggio la ringraziarono solerti. Li Liu si fermò per un attimo e, quindi, proseguì.

"Sì sì... ma imparate a difendervi da soli."

La Via per la Perfezione è ancora lunga.

Tuesday, October 10, 2006

LE DISAVVENTURE DI TOPOLINO

Topolino sorseggia malinconico il suo martini dry seduto sullo sgabello di un malfamato bar di Topolinia. Il suo vicino, un vecchio lupo sdentato che ha perso il pelo ma non il vizio, se la ride di cuore leggendo il giornale: l'ultimo scandalo della polizia sta facendo sparlare l'intera città. Pare che Trudy, la fidanzata di Gambadilegno, sia riuscita a sedurre il commissario Basettoni. In ogni caso gli ha sfilato i pantaloni, lo ha ammanettato al letto ed ha chiamato i redattori delle principali testate... con i loro fotografi. Il sindaco ne è rimasto scandalizzato e la carriera di Basettoni ne risentirà di certo. Tutti lo ricorderanno per quei ridicoli mutandoni di lana, bianchi a pois rossi.
Topolino, comunque, non è di pessimo umore per quello che è capitato al suo amico. Ce l'ha con Minnie. Da ben due settimane non gliela dà. Quanto sono pazze le tope!
Il lupo si alza se ne va al gabinetto mentre al suo posto, al fianco del nostro eroe, scivola sinuosa sinuosa una micia rossa. Miagola piano e fa le fusa, occhieggiando al suo indirizzo. Hum! In effetti, il bar è pieno di squillo anche se la gattina, qui, strizzata in un vestitino rosa confetto con il décolléte e la minigonna abissali, è davvero una di gran classe. Prima l'aveva vista caracollare sui tacchi a banana delle sue scarpette color latte intero. Deliziose.

"Miaooo!"

Topolino torna a sorseggiare il martini dry ed incrocia lo sguardo malizioso di una maialina bruna in maglietta corta e jeans a vita bassa. La conosce. E' schedata dalla polizia: si chiama Piggy La Rue e, una volta, la buoncostume ha arrestato diciotto marinai, tutti nella sua camera d'albergo. Ci son voluti due furgoni per portarli via. Che porca quella porca!
Qualcosa lo sta accarezzando.
E' la coda della micia che non sopporta che ci si distragga in sua presenza. In quel momento, però, fa il suo ingresso nel bar una stupenda topina bionda. Ullahlà! Si tratta di Dahalia la Bonne, la sexy star che ha infuocato le notti di Topolinia con una serie di strip ad altissima gradazione erotica. Un vero schianto. Eccola incedere ieratica come una regina fino a quando non ha catturato l'attenzione dei presenti e, quindi, cominciare ad ancheggiare ribalda. Sotto la pelliccia d'ermellino bianco non porta nulla. Topolino l'ha capito da come ondeggiano le tettine... e da come la pelliccia scivola e riscivola sulla sontuosa superficie del culetto, mmmh! Oh-oh! Gli ha rivolto un sorrisino birichino la fraschetta, un sorrisetto davvero furbetto, sotto quei delicati baffetti biondi.

"Ehi, bello! - la gatta riannoda il filo pericoloso dei suoi pensieri - Il mio nome è Scarlett Fuffy ed il tuo?"
"Io sono Topolino!" - risponde il nostro eroe con la sua vocina un po' stridula.
"Ti va una sveltina? Adoro giocare al gatto col topo."

Topolino ci riflette un attimo: la maialina bruna è una bella porca, è vero, e la topina bionda è una gran topa, senza dubbio, ma la proposta della micia rossa lo intriga. Cosa vuole dire con 'giocare al gatto col topo'? In effetti, ha già assistito agli spettacolini di Dahalia e sa pure che è rifatta. D'altro canto, Piggy è sempre a disposizione. Domani sera può ritornare per lei, volendo...

"Casa mia o casa tua?"

La segue nel suo appartamentino. La gattona gli strappa di dosso i vestiti, comprese le mutande rosse coi bottoncini d'oro (frequenta la stessa boutique di Basettoni) e lo sbatte sul divano di lucida pelle nera. Subito dopo, agguanta una frusta. Topolino inizia a sudare freddo. Ha capito di aver di fronte un'autentica cacciatrice di topi. Scarlett Fuffy fa schioccare lo scudiscio e... lo colpisce crudelmente sulle chiappe.

"Ahi!"
"Con quelle palline mosce mosce pensavi di poter venire a letto con me, eh? Brutta pantegana!" - lo incalza la spietata mistress.
"Ahiooo!!!"

La nottata brava è appena cominciata ma Topolino rimpiange fin da ora le tenere coccole di Minnie.

Tuesday, October 03, 2006

ASHANTI E IL LEONE (3 0ttobre 2006)

Il leone scorrazza per il deserto, mordicchiando il sonaglio ai cobra che se la filano immediatamente nelle viscere della terra. Non è pericoloso, in realtà, ha solo voglia di giocare ma le leonesse del suo harem sono troppo impegnate con i cuccioli per dargli retta e così si diverte ad organizzare qualche fantasiosa incursione in giro per il vasto mondo, che so, a spaventare i cammelli delle carovane, comparendo all'improvviso, o a tuffarsi nelle acque dell'oasi per spruzzare i beduini e farli incazzare. Se gli mandano una maledizione troppo pesante, però, ruggisce di malumore. Un re è pur sempre un re, anche quando si comporta da pagliaccio.
Alla fine, vedendo un tuareg corrergli dietro con uno spiedo, sua maestà decide di eclissarsi e s'inoltra nel deserto. Si perde. Ben presto comincia a sbuffare ed a sbadigliare intorpidito. Che caldo! E com'è monotono il paesaggio... ehi, non ci sono punti di riferimento, qui? Uffah, non è mai stato troppo bravo ad orientarsi: la caccia di solito viene condotta dalla femmina anziana del branco e lui si acquatta dietro un cespuglio, fingendo di dirigere le operazioni. E un re, no? Debbono faticare gli altri.
All'improvviso il leone si accorge di essere seguito da una guerriera. La figura alta e snella di quest'ultima si staglia tra le dune rosse ed il cielo turchese. Si chiama Ashanti ma la chiamano Maha, la gazzella. La gazzella nera. Porta i capelli corti ed intrecciati in sottilissimi ghirigori sul cranio. Si muove agile e svelta sulla sabbia rovente. E palleggia una lancia...

Com'è bella - pensa il leone.

Si accovaccia buono buono, sbattendo la coda e innalzando un mulinello di polvere. Ashanti si rende subito conto che non è cattivo. Conficca la sua zagaglia a terra ed immerge le mani nella criniera fulva del grande predatore che socchiude languido gli occhioni. Fa le fusa e, dopo tutte le chicche dell'universo, le lecca di straforo un capezzolo troneggiante su un turgido seno del colore della notte: la gazzella nera gli sorride indulgente, mostrando due fila di denti più bianche e tersi dell'avorio. Uno splendore diaspro circondato, poi, da quelle sue labbra sensuali!

"Micione, bel micione!"

Il leone si mette a pancia in su, sollevando le zampe indifeso, e si lascia solleticare dalla sua nuova amica. Ha un tocco dolcissimo... oho! Rrrrr... rrroarr! Ohoo!... E' meglio di quando fa ruggire di piacere le leonesse... 'mbhè quasi meglio, adesso non esageriamo.
Tornano ad abbracciarsi: il corpo d'ebano, atletico e flessuoso, dell'una avvinghiato attorno alla possente muscolatura ed ai tremendi artigli dell'altro. La gazzella e la belva rotolano, giocano, s'inseguono ma, al tramonto del sole ed al sopraggiungere del gelo, allorché la tarda ora consiglia ad entrambi la separazione, si salutano tristi.
Di giorni così non ce ne sono molti.